La Sefie Mania

selfie addictedQualche tempo fa nel web girava voce che  l’APA (American Psychological Association)  avesse coniato una nuova tipologia di disturbo mentale: il selfitis, un comportamento ossessivo compulsivo che consiste nel farsi continuamente scatti che poi vengono postati sui social media, un modo per gestire le carenze nella stima di sé e per colmare il vuoto nella propria intimità.
In realtà il disturbo non è mai stato inserito nel DSM V (manuale diagnostico dei disturbi mentali), e di fatto non lo si trova tra i manuali di psichiatria. Eppure sappiamo che di selfitis si può morire nel mondo. Diversi sono i casi di giovani che possono morire a causa di un selfie perché si sono esposti da un dirupo, o perché sono stati travolti da un treno in corsa o sono caduti da un terrazzo nel tentativo di ritrarsi in pose estreme e accattivanti. Sembra addirittura che le Filipine siano la capitale mondiale di morti per selfie e in alcune mete turistiche è stato vietato scattarsi dei selfie proprio per evitare che la gente si metta in situazioni di pericolo.

E’ vero che la selfitis non è ufficialmente considerata come una patologia mentale, eppure sembra sia diventata una mania pericolosa che spesso si associa alla presenza di fragilità narcisistiche.

Vorrei citarvi il caso di un ragazzo adolescente di New Castle che usava in modo compulsivo i selfie. Danny oggi ha circa 21 anni ma nella sua adolescenza, a causa della dipendenza da selfie ha abbandonato scuola, amici e ha rischiato la morte.

Passava molto tempo a scattarsi selfie, fin dal mattino, arrivando tardi a lezione; o ancora passando buona parte delle lezioni chiuso in bagno a farsi selfie sfruttando lo specchio. Lo scopo di tanti selfie da parte di Danny era di valutare se fosse a posto fisicamente, se tutto fosse ok nella sua immagine, se la sua “pelle” avesse una buona grana. Danny postava gran parte delle sue foto on line sui vari social network, nel tentativo di ottenere like e followers.

Era costantemente alla ricerca del selfie perfetto che lo mostrasse al meglio, per cui si dedicava a questa ricerca in modo compulsivo. Questa ossessione era talmente forte e crescente che il giovane non riusciva più ad uscire di casa, compromettendo gravemente la sua salute. Il circolo vizioso si interrompe quando i genitori di Danny lo ricoverano in clinica in seguito ad una ingestione di farmaci, un tentativo di suicidio che per Danny rappresentava l’unico modo per staccarsi dalla sua ossessione.

La malattia di Danny non è la selfitis, ma una forte carenza di autostima, un disturbo dismorfofobico della personalità (vedersi come brutti, mostruosi, avere un corpo deforme, orripilante) e il meccanismo del selfie diventava un mezzo per riuscire a gestire tutto questo, diventando una vera e propria dipendenza.

Certo il caso di Danny è un caso estremo, ma vale la pensa riflettere quanto nella società in cui viviamo la selfitis abbia preso il posto della vita reale, della capacità di godere della realtà in prima persona, senza il bisogno di ricevere il supporto e l’approvazione dei gruppi sui social media. A questo proposito vi consiglio di vedere questo video in cui viene, crudamente rappresentata l’ossessione per i selfie.

Le persone con certe vulnerabilità nella propria sfera intima, nella propria autostima, o che soffronno di dismorfismo corporeo, o ancora gli adolescenti (molto sensibili alle tematiche dell’apparire e dell’essere accettati  dal gruppo) possono essere maggiormente esposti a sviluppare questa forma di dipendenza, senza dimenticare, come citavo prima, tutti quei casi in cui le persone si espongono a rischi nel tentativo di fare dei selfie.

Cosa fare? Nei casi preoccupanti, come nel caso di Danny, l’approccio può consistere  nel ridurre gradualmente l’accesso allo smathphone, che è quello che i suoi terapeuti hanno fatto con lui. Dopo questa fase di “disintossicazione” si potrebbe lavorare alla ricerca della causa che ha portato a questo eccesso, ovvero  risalire a quelle vulnerabilità e insicurezze della persona che possono dare giustificazione del comportamento ossessivo e compulsivo nell’uso dei selfie.

 

Riferimenti:

http://www.mirror.co.uk/news/real-life-stories/selfie-addict-took-two-hundred-3273819

 

 

Lascia un commento