Fame emotiva..quando le emozioni diventano cibo

A molti sarà capitato di consolarsi con il cibo dopo una giornata pesante: un pò di cioccolata, un gelato o dei biscotti, un pacchetto di patatine fritte aiutano a superare le frustrazioni del momento.

Per alcuni, però, tutto questo diventa un’abitudine. Usano il cibo come un modo usuale per gestire emozioni negative. Accade, allora, che l’alimentazione e i suoi scopi si modificano: non si mangia più perchè si ha fame, ma piuttosto perchè ci si sente tristi, arrabbiati, vuoti, depressi, annoiati. Questo tipo di comportamento diventa automatico, incontrollabile tanto da generare un vero e proprio problema sentito come ingestibile e di cui si fa fatica a parlare.

Le persone che usano il cibo come antidoto alle emozioni, vivono questa situazione con vergogna e senso di colpa, e per tale motivo raramente chiedono un aiuto per uscire da questo vortice. Hanno la convinzione che non si possa far nulla. In questi casi l’alimentazione assume uno schema incontrollato e ingestibile, aprendo la strada alle abbuffate compulsive.

 

COSA ACCADE QUANDO CI SI ABBUFFA? 

Si prova una voglia irrefrenabile di cibo, è una forza potente che spinge a mangiare, talmente forte da catalizzare tutta la nostra attenzione sul cibo e su come procurarcelo. Così ci mettiamo in macchina per dirigerci al supermercato, o ci alziamo dalla nostra scrivania per andare al distributore di merendine dell’ufficio.

Iniziamo a mangiare in modo veloce e meccanico, senza nemmeno masticare bene il cibo. La sensazione iniziale è piacevole, si prova una sensazione di calma e quiete. Nel frattempo si continua a buttare dentro cibo in uno stato simile alla trance, la nostra consapevolezza ha attivato il pilota automatico. Ingurgitiamo quello che troviamo fino a sentirci male, e la sensazione piacevole iniziale si trasforma in disgusto, sofferenza, vergogna e sensi di colpa per aver ceduto a questa voglia improvvisa.

Le persone che si comportano in questo modo, si percepiscono come indegni, disgustosi e degradanti. Nascondono la loro difficoltà, temono di non essere capiti e di essere giudicati negativamente; la vergogna che provano li mantiene in questa condizione impedendo loro di farsi dare una mano. Si sentono così a disagio tengono questo problema nascosto per anni.

PERCHE’ CI SI ABBUFFA?

Le persone coinvolte in questo problema raccontano di una tendenza generale a mangiare troppo, specialmente quando si sentono infelici e stressati. Questa inclinazione può aumentare fino a portare allo sviluppo di episodi di abbuffate.

Si tratta di una perdita di controllo, diventa difficile fermarsi quando si è iniziato a mangiare e diventa difficile evitare un’abbuffata ovvero resistere a quella spinta interna urgente che ci obbliga a mangiare tutto ciò che abbiamo sotto mano.

Alla base di questo comportamento disfunzionale alimentare spesso si ritrovano sentimenti spiacevoli che fungono da fattori scatenanti. La depressione è uno stimolo molto potente ma anche lo stress, la noia, la solitudine, la rabbia, l’ansia, l’irritabilità sono degli input altrettanto efficaci. E’ come se la persona usasse il cibo per non prendere contatto con questi stati negativi, il mangiare diventa un antidoto alla sofferenza causata da queste condizioni emotive spiacevoli.

Le abbuffate iniziano quando sono stanca o depressa o semplicemente turbata. Mi sento, nel panico e vuota. Cerco di mettere a freno l’impulso di mangiare, ma cresce sempre di più. L’unico modo per allentare queste sensazioni è abbuffarmi. E le abbuffate di certo attenuano i sentimenti. Tamponano qualsiasi cosa mi abbia turbata. Il problema è che poi è rimpiazzato dal sentirmi in colpa, autocritica e svuotata”.

(tratto dal libro di Fairnburn “Vincere le abbuffate”).

Le persone (tedenzialmente donne) che soffrono di fame nervosa, fame emotiva e abbuffate, spesso hanno un difficile rapporto, non solo con il proprio mondo emotivo, ma anche con il proprio corpo. Si percepiscono come persone grasse (questo indipendentemente dalla loro condizione fisica) è una sensazione che provano quando entrano in contatto con il proprio corpo, con la propria immagine che appare sempre come insoddisfacente, non adeguata. Questa relazione difficile con il proprio corpo, la propria immagine, il percepirsi grassi, essere costantemente preoccupati del proprio peso, tutto questo predispone al mantenimento delle abbuffate. Si attiva un circolo vizioso: più mi abbuffo, più mi sento insoddisfatta di me e del mio corpo e questo mi spinge ad abbuffarmi ancora e ancora.

COSA SUCCEDE DOPO UN’ABBUFFATA DI CIBO?

Se ci capita di eccedere con il cibo, possiamo accettare l’episodio come un peccato di gola oppure provare sensi di colpa e rimorso. In questo secondo caso, spesso si tenta di ricorrere ai ripari, compensando le calorie ingurgitate con l’abbuffata, mangiando meno, facendo esercizio fisico. Tutto termina lì.

Quando ci si abbuffa, le cose sono un pò diverse. Le persone che si abbuffano, che cedono alla fame emotiva, spesso raccontano di provare, inizialmente, un’immediata sensazione positiva (contrapposta allo stato emotivo negativo che ha scatenato l’abbuffata, e da cui ci si vuole allontanare). Questa sensazione positiva è, purtroppo, una fase temporanea, i sentimenti positivi sono immediatamente rimpiazzati da sentimenti di colpa, vergogna e disgusto verso se stessi. Ci si autorecrimina e ci si sente senza speranza rispetto alla possibilità di riprendere il controllo sulla propria alimentazione. Questi vissuti negativi possono portare le persone a usare strategie compensatorie come ad esempio digiunare per il resto della giornata, adottare un regime alimentare ipocalorico rigido, imporsi esercizio fisico, e nei casi più seri assumere lassativi e indursi il vomito.

In realtà questi stratagemmi drastici hanno l’effetto opposto, infatti continuano ad alimentare il meccanismo disfunzionale delle abbuffate. Questo accade perchè si passa da una situazione di perdita di controllo ad un’altra costituita dal controllo eccessivo e rigido, quindi difficile da mantenere nel tempo. Ci si sottopone a diete rigide, estreme rispetto alle restrizioni che pongono su quanto, cosa e quando mangiare. Molte diete di persone che soffrono di abbuffate sono di questo tipo, e piuttosto che avere un obiettivo generale (come riprendere un’alimentazione controllata e adeguata al proprio stile di vita) queste persone si pongono un obiettivo molto specifico e se non lo raggiungono sentono di aver fallito. Il fallimento attiva il meccanismo dell’abbuffata, ancora una volta un sentimento spiacevole viene gestito attraverso il cibo.

Tutto questo riflette un tipo di pensiero che si ritrova in queste persone, la modalità del tutto-o-nulla, quando si utilizza questo registro le cose si vedono o bianche o nere, ci sono solo successi o fallimenti, il cibo è buono o cattivo. La dieta caratterizzata da regole rigide associata a questa modalità di pensiero crea un ciclo di abbuffate e dieta, dove ciascuno favorisce l’altro.

 

CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’

La maggior parte delle persone che soffrono di fame nervosa non hanno un disturbo alimentare, ma comunque percepiscono le loro abbuffate come un problema, e allora diventa, di fatto, un problema alimentare. C’è molta sofferenza dietro, ci sente incapaci di avere il controllo su di sè e sul proprio corpo, ci si sente insoddisfatti per la propria condizione fisica, ci si sente grassi, ci si colpevolizza per non essere in grado di uscire da soli da questa spirale negativa. Chi soffre di questo problema spesso ha anche un problema di bassa autostima, il senso di inadeguatezza e lo scarso valore di sè sono presenti in modo stabile. A questo si aggiunge un tratto del carattere che è il perfezionismo che spinge a imporsi standard di comportamento molto elevati e impegnativi. Se questa tendenza al perfezionismo sfocia in obiettivi troppo difficili da raggiungere (come le regole della dieta restrittiva) questo espone a fallimenti continui. Fallire diventa molto problematico, soprattutto quando si ha già un basso livello di autostima. Anche l’eccessiva preoccupazione per la forma del corpo e il peso hanno una notevole rilevanza, così come difficoltà relazionali e certi eventi stressanti che possono accadere nel corso della vita.

Non dimentichiamo la pressione sociale alla magrezza che noi donne subiamo ai giorni nostri, che spinge a mettersi a dieta, a controllare il corpo per conformarsi ai canoni di bellezza imposti dalla società. L’autostima delle donne si basa molto sull’attrazione fisica e sulla percezione del corpo, per cui esercitare un controllo su questi aspetti diventa un modo per mantenere una buona autostima. Per questo le donne si sottopongono spesso a diete rigide, con le conseguenze che abbiamo visto prima, nel caso in cui siano presenti anche problemi legati alla gestione emotiva attraverso il cibo.

CHE FARE???

Tutto deve partire dalla voglia di cambiamento. Alcune persone non vogliono cambiare o sono spaventate dal cambiamento e preferiscono continuare ad affrontare stati d’animo e pensieri negativi  attraverso il cibo, ottenendo un effetto calmante. Eliminare le abbuffate significa riprendere contatto con questi elementi spiacevoli di sè e della vita, e non tutti sono pronti a farlo.

Riflettete, quindi, sulla vostra voglia e disponibilità al cambiamento; pensate a tutte le cose che il vostro problema vi impedisce di fare. Fate questo esercizio, provate a porvi le domande che seguono:

se smetto di abbuffarmi…

– starò meglio con me stesso?

– migliorerà la mia qualità di vita?

– la mia salute fisica ne trarrà giovamento?

Spesso le persone rimangono sorprese di quanto possono stare meglio una volta che smettono di abbuffarsi.

Dopo aver fatto questo esercizio, riflettere sulle difficoltà  e sugli svantaggi del cambiamento, perchè ce ne saranno e allora è impotante averne consapevolezza. Completato questo esercizio, che ha lo scopo di farvi riflettere sulla vostra problematica e su come questa condiziona la vostra vita, quello che potete fare è cercare di introdurre un’alimentazione più regolare, ovvero programmata e controllata, in cui vi imponete di mangiare solo all’interno dei pasti (3 pasti principali + 2 spuntini ad esempio). Qui non è importante cosa scegliete di mangiare ma solo mangiare all’interno dei pasti principali.

Non sarà semplice, e non sempre riuscirete a farlo, ma è questo il primo punto per iniziare a risolvere il problema. Se il problema consiste in una perdita di controllo alimentare, la prima cosa da fare è ripristinare questo controllo.

A questo aggiungo l’utilità di rivolgersi a dei professionisti come psicologi, medici di base, nutrizionisti; o ancora partecipare a dei gruppi di auto aiuto, o unire il percorso di gruppo all’aiuto di uno psicologo.

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