Depressione, quando la maliconia diventa una compagna di vita
Quando la depressione arriva avvolge tutto di una tonalità grigia, coinvolge pensieri, sentimenti, vissuti, comportamenti. E’ un groviglio sfuggente e mutevole di sofferenza. Tutto appare impossibile e senza speranza. La mente è affollata da pensieri tristi e dolorosi, che non lasciano spazio ad altro. Ci si ritrova a piangere da soli senza un motivo. Si rimpiange il passato e si ha una forte paura del futuro, che sembra non presagire niente di buono, si vive in un mondo buio, non c’è spazio per la gioia, per la speranza.
E’ una condizione molto pesante per chi la vive, e per chi sta accanto alla persona depressa, per il senso di immodificabilità e sconforto costanti, comporta un costo enorme per la società non solo in termini di sofferenza emotiva ma anche per le numerose malattie fisiche che la possono accompagnare.
Negli ultimi anni la depressione si è diffusa enormemente, forse a causa dell’intensificarsi dell’individualismo e la perdita di relazioni sociali. In passato nessuno viveva da solo, oggi, invece, la percentuale di coloro che vivono da soli in casa è molto cresciuta e la solitudine e i problemi relazionali contribuiscono all’insorgere della depressione. Nella nostra cultura diminuisce sempre più il senso di appartenenza ad una comunità, ad un gruppo. Oggi le persone siedono sole davanti alla tv come ipnotizzate guardando la vita di qualcun altro, nell’innumerevole serie di reality che spopolano, su facebook, instagram. I rapporti con gli altri si sono ridotti alla comunicazione sui social, e i continui trasferimenti per lavoro non facilitano il mettere radici e l’appartenenza a un gruppo. Questo ci porta a pensare a noi stessi, come individui singoli, e sempre meno legati agli altri.
Questi elementi, connessi alla società in cui viviamo, contribuiscono alla diffusione di questa disturbo. Per tale ragione, noi professionisti del ben-essere psicologico, dobbiamo riflettere su come intervenire efficacemente per curare questa malattia dell’anima.
LE CAUSE DELLA DEPRESSIONE
In molti credono che la causa della depressione dipenda da come sono stati cresciuti dai propri genitori, a volte questo può essere vero, ma bisogna anche considerare la componente ereditaria di questa malattia (fra il 33 e il 66%). La depressione è legata ad una specifica chimica cerebrale, le variazioni di alcune sostanze nel nostro cervello, come la serotonina e la noradrenalina, possono aumentare la predisposizione alla depressione. Altri fattori possono riguardare il tipo di educazione, le relazioni primarie durante l’infanzia, le esperienze di vita possono aumentare il rischio di episodi depressivi. In alcuni casi, i genitori possono rendere i figli più vulnerabili nei confronti della depressione, non solo con la trasmissione genetica ma anche attraverso modi di entrare in relazione con loro favorendo l’insorgere di sentimenti di impotenza, eccessiva autocritica, colpa, vergona.
Molti genitori di bambini depressi sono a loro volta depressi, e per loro potrebbe essere difficile svolgere al meglio la loro funzione parentale. La probabilità di sviluppare la depressione da adulti aumenta per coloro che hanno avuto dei genitori poco affettuosi, incapaci di considerare e accettare le proprie emozioni e con un’eccessiva tendenza ad essere genitori controllanti. Anche il divorzio, la separazione o la morte prematura dei genitori aumenta la probabilità di cadere in depressione da adulti, soprattutto se in seguito al lutto e alla perdita non si è ricevuto accudimento, calore e attenzione da parte degli adulti.
Le donne hanno maggiori probabilità di cadere in depressione.
COSA PUO’ SCATENARE UN EPISODIO DEPRESSIVO?
I fattori di rischio sono molteplici, sicuramente situazioni di lutto, divorzio, una crisi di coppia possono portare a sviluppare un episodio depressivo Le donne che stanno attraversando una fase difficile nel loro rapporto di coppia, o che hanno problemi con i figli sono maggiormente a rischio di depressione.
Altro fattore di rischio è la disoccupazione, per molti perdere il lavoro significa perdere la propria identità, il proprio posto nella società. Non sempre disoccupazione significa diventare depressi, ma quando la perdita del lavoro viene vissuta con vergogna, fallimento e impotenza, allora diventa un fattore di rischio.
Anche lo stress della vita quotidiana può portare a depressione, quando si accumulano problemi a lavoro, condizioni di vita difficili, precarietà economica, conflitti con gli altri, questo rende più vulnerabili al vissuto malinconico.
LA TERAPIA DELLA DEPRESSIONE: A CHI RIVOLGERSI?
Ci sono diversi specialisti che con competenze diverse di occupano di depressione (medico di famiglia, psichiatra, psicologo). Il medico di famiglia è sicuramente la prima figura a cui ci si può rivolgere per avere una prima valutazione dei sintomi e per le indicazioni sul da farsi, a seconda della gravità del disturbo, per depressioni più gravi in genere si invia allo psichiatra. In quest’ultimo caso, compito dello psichiatra è curare attraverso i farmaci, perchè i sintomi sono molto gravi e paralizzano la vita della persona. Questa cura è sintomatica lavora, cioè, sul sintomo, attenuandolo o eliminandolo, ma non sulle cause che hanno portato alla depressione. Per capire cosa ha portato a sviluppare questo disturbo dell’umore è consigliabile l’intervento di uno psicologo o psicoterapeuta, la prerogativa del nostro lavoro è di curare con la parola e con la relazione, per ricostruire la storia della sofferenza del paziente, le problematiche attuali che impediscono una condizione di benessere. Spesso si unisce la potenzialità dell’intevento psicologico con quello farmacologico, nei casi più gravi.
La depressione non sempre richiede l’intervento farmacologico, ci sono delle forme più lievi in cui si lavora solo in ambito psicologico, dove con l’uso della riflessione e della parola si arriva alla comprensione delle motivazioni della sofferenza. Ci si occupa soprattutto delle emozioni e di come ci si relaziona con il mondo degli altri, e che effetti produce nella persona. Questo lavoro mira a realizzare dei cambiamenti profondi nella personalità, attraverso un rafforzamento di sè e una accresciuta consapevolezza del proprio modo di entrare in contatto con gli altri, passo preliminare per modificare i nostri schemi di comportamento per arrivare a nuovi e più maturi modi di porsi in relazione con se stessi e con gli altri.
QUANDO E’ NECESSARIA LA PSICOTERAPIA?
Quando il malessere è pesante e dipende da problemi e conflitti personali, quando si hanno difficoltà di rapporto con gli altri, difficoltà di accettazione di se stessi e della propria vita. Il lavoro psicologico diventa il modo per osservarsi, conoscere il senso della propria sofferenza e trovare la direzione da seguire per uscire dalla depressione. Si attiva in questo modo un lavoro di ricerca interiore che mette in moto un processo di trasformazione.
COSA POTETE FARE DA SOLI
Voglio fornirvi una serie di indicazioni che potete iniziare a usareda soli, una sorta di cassetta degli attrezzi che potete aprire all’occorrenza. Se vi sentite senza via d’uscita, provate ad aprire la vostra cassetta degli attrezzi, potreste trovare un oggetto utile per ri-trovare la strada del benessere.
Le persone depresse hanno la tendenza ad essere negative, persino di fronte alla positività! Una persona malinconica ritiene di non avere nulla da dare agli altri, si vede brutta, noia, e si considera un peso per gli altri; spesso non riescono a prendersi il merito dei loro successi, li attribuiscono a “Colpi di fortuna” o al caso; ci si concentra sulle cose negative fino a ingigantirle facendole diventare delle vere e proprie tragedie, con un carico altissimo di sofferenza.
Quando siamo depressi tendiamo ad avere un opinione negativa di noi stessi, qualsiasi cosa facciamo ci sembra sempre un fallimento, persino quando gli altri ci fanno dei complimenti o valorizzano le nostre capacità, tendiamo a minimizzarle “Non è niente di che, tutti ci riuscirebbero” “Ci sono donne più belle di me” “Non sono così brava, è stata solo fortuna”.
Non riusciamo a trovare nulla di piacevole: lo sport fa perdere tempo; andare in vacanza è uno spreco di denaro; gli altri sono noiosi e poi non mi capiscono e mi giudicano male. Se pensiamo al futuro le cose andranno male di sicuro: passeremo la vita da soli; non faremo mai carriera; non saremo mai felici.
La moltitudine di pensieri negativi aumenta a dismisura il vissuto depressivo, tengono viva la depressione e la prolungano; allo stesso tempo sono una conseguenza della depressione stessa. E’ importante essere consapevoli di questi pensieri negativi, osservarli da vicino per poterli disattivare. Cercate di bloccare sul nascere i pensieri negativi, e concentratevi su qualcos’altro, ad esempio su un lavoro che dovete fare. Spostare l’attenzione dal mondo interno a quello esterno può essere utile per riprendere contatto con il momento del qui e ora tralasciando la spirale negativa dei pensieri depressivi.
Pensiamo che gli altri ci giudichino negativamente, perchè siamo brutti, incapaci, antipatici. Ma ne siamo davvero sicuri? Come facciamo a saperlo? Da cosa lo deduciamo? E’ un pensiero degli altri o siamo piuttosto noi che proiettiamo sull’altro la nostra immagine. Siccome mi sento un fallito penso che anche l’altro veda questo in me. In questo modo non ci permettiamo di avvicinarci all’altro per paura di una conferma di questa idea negativa su noi stessi. Riflettiamo sul fatto che si tratta di una nostra ipotesi, che non necessariamente corrisponde a verità; sicuramente non staremo simpatici e tutti, ma qualcuno a cui piacciamo c’è di sicuro.
Pensiamo che il futuro sarà sempre peggio, non ci sarà nulla di buono per noi, anzi. Come facciamo ad avere questa sicurezza? Il futuro non è prevedibile per definizione, chi ci assicura che non possa riservarci nulla di buono? Ancora una volta stiamo proiettando le nostre paure che assumono, per noi, il valore di certezze. Si tratta di convizioni errate, basate su pensieri automatici negativi, alimentati dalle emozioni ostili che proviamo nei confronti di noi stessi.
Queste e altre supposizioni non fanno altro che peggiorare il vostro stato. Rendersi consapevoli di questo meccanismo è un primo passo per uscire dal buio della depressione. Se modificate il vostro modo di pensare a voi stessi, se mettete a tacere ogni tanto i pensieri negativi, può cambiare anche il modo in cui vi sentite e i pensieri negativi diventeranno, lentamente, sempre meno automatici.
Cercate di osservare i vostri pensieri in modo obiettivo, cogliendone gli aspetti non realistici (Io non piacerò a nessuno), osservate come vi state etichettando, come vi giudicate e subito dopo provate a contrastare questi pensieri con ricordi di esperienze opposte, che di sicuro avrete!
Un ultimo consiglio, ci saranno stati altri momenti della vostra vita in cui vi siete sentiti tristi, soli, depressi; in passato avete superato quei momenti, perchè avete attivato delle risorse, è arrivato qualcuno a darvi una mano, avete chiesto aiuto. Ricordate e recuperate quelle informazioni, vi aiuteranno a relativizzare questa fase della vostra vita, e a utilizzare risorse già utilizzate in passato.
Questi sono dei suggerimenti che possono essere utile per casi di depressione lievi, ritengo che per situazioni più pesanti e durature sia opportuno rivolgersi ad uno specialista.