Ci sono situazioni in cui è difficile raggiungere l’obiettivo di una sana alimentazione, e non mi riferisco solo a coloro che si mettono a dieta per perdere chili di troppo, ma anche a quelle persone che per motivi di salute importanti, come il diabete, l’obesità, la celiachia, devono attenersi a delle diete che non riescono a rispettare, non si riesce a seguire il regime alimentare prescritto.
Seguire una dieta è molto difficile, ci si sente limitati, diversi dagli altri (che nella nostra fantasia possono mangiare liberamente quello che vogliono e quanto ne vogliono), si prova un profondo senso di frustrazione e fallimento quando non si raggiungono gli obiettivi di dimagrimento, il senso di colpa per avere ceduto a delle trasgressioni alimentari, il sentimento di estrema fragilità personale rispetto alla dimensione del cibo e del nutrimento, la sensazione di essere deprivati. A questo si aggiungono una serie di effetti psicologici che si possono manifestare quando ci si sottopone a un regime alimentare restrittivo: irritabilità, malumore, depressione, senso di colpa. Questi aspetti non sono legati alla componente dietetica in sè ma alle implicazioni psicologiche dell’essere a dieta.
Mangiare è un comportamento complesso, non si esaurisce semplicemente nell’introiettare nutrimento, energie, calorie, il cibo ci rimanda alle relazioni con gli altri, le emozioni che il cibo suscita in noi riflettono le primissime esperienze alimentari, quelle fatte da bambini quando nostra madre si prendeva cura di noi e ci nutriva.
Il cibo si accompagna di tutta una serie di rituali e emozioni e memorie che permeano le nostre abitudini alimentari. Ecco perchè un rapporto complicato con la nutrizione e gli alimenti determina delle conseguenze importanti non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. Tutte queste implicazioni, allo stesso tempo, rendono difficile aderire a un programma dietetico, anche se sappiamo essere fondamentale per la nostra salute.
IL MONDO DELLE DIETE
Basta navigare un pò su internet per scoprire un universo infinito di diete. Ce ne sono per tutti i gusti: iperproteica, del metabolismo, alcalina, vegetariana, del riso, del limone, ecc ecc. Leggendole sembra che il dimagrimento si possa ottenere facilmente e senza particolari sforzi. Per non parlare del mondo di pillole e sostitutivi dei pasti che vi regalano la possibilità di dimagrire velocemente! Il tutto accompagnato da una moderata attività fisica. Bene, quindi il problema è risolto. Ma allora perchè c’è continuamente gente a dieta? perchè il numero delle persone obese aumenta? perchè le persone dimagriscono e poi ritornano grasse?
Qualcosa non quadra…
Forse tutte queste diete non funzionano perchè non si riduce tutto ad una limitazione dell’assunzione di cibo, perchè in queste situazioni entrano in gioco emozioni e pensieri che portano la persona a fallire nel mantenimento della dieta. Lo strumento della dieta da solo non riesce a modificare, nel lungo periodo, le abitudini alimentari della persona.
Il rapporto con il cibo, come dicevo, è molto complesso, è influenzato da come siamo stati allevati e nutriti da piccoli, dalla capacità di distinguere tra fame, smania di cibo, desiderio di cibo, è fortemente influenzato da fattori emotivi e sociali. Nella nostra società assistiamo ad una vera e propria follia del cibo! Da una parte siamo bombardati da trasmissioni di cucina che ci propongono piatti succulenti ed elaborati che invogliano a cedere al piacere della tavola, dall’altra ci arrivano immagini di donne e uomini con fisici tonici e scolpiti, che spingono a non cedere alle lusinghe del cibo. I libri più venduti sono quelli di cucina, con consigli sempre più ricercati e raffinati, ma anche i libri sulle diete, su come mantenersi magri e belli. Si determina un potente paradosso dieta/cucina che crea confusione rispetto a dove possiamo collocarci.
Da una parte assistiamo al culto esagerato del corpo, della magrezza contrapposto alla cultura esasperata e senza controllo del consumismo. E’ difficile trovare la misura giusta in mezzo a un simile paradosso. A questo dobbiamo aggiungere la nostra peculiare esperienza con il cibo fatta di emozioni, conoscenze, relazioni, il rapporto con i diversi alimenti e con le diverse modalità di assumerli, un’esperienza che inizia dalla nascita e ci accompagna per tutta la vita.
Tutte queste variabili, sociali, culturali, familiari, emotive, rendono questo fenomeno della nutrizione complesso e occorre maneggiarlo da una prospettiva multidisciplinare, il cibo non può essere slegato dal significato che assume per ogni individuo. Ecco perchè lo psicologo deve entrare nel lavoro sulla nutrizione e assistenza di coloro che non riescono ad avere un facile rapporto con l’alimentazione.
MANGIARE è NECESSARIO, MANGIARE è PIACERE
Mangiare ci fa sentire meglio, placa il senso di disagio indotto dalla fame e dalle voglie di cibo, la convivialità ci fa sentire bene con gli altri, mangiare può placare l’ansia. Da questi comportamenti se ne ricava uno stato piacevole a cui è difficile rinunciare, possiamo resistere per un pò ma poi siamo portati a cedere a questo piacere della gola. Quando iniziamo una dieta restrittiva, si rinuncia a mangiare tutta una serie di cibi piacevoli, perchè considerati dannosi per la dieta. Si eliminano cioccolata, gelato,pizza ecc.
Queste privazioni a lungo andare ci rendono tristi, ci sembra di vivere di privazioni e ad un certo punto questo diventa insostenibile. Si scatena allora quel meccanismo per cui più ci impediamo di mangiare certi cibi più quegli stessi cibi diventano attraenti per noi, fino a farci trasgredire.
Questo attiva la fantasia che non si riuscirà mai a portare a termine una dieta, che non si perderanno mai i chili di troppo, o che comunque si riacquisteranno subito dopo; questa idea di fallimento inevitabile apre la porta al desiderio irrefrenabile di tutti quei cibi che fanno male o fanno ingrassare. Più ci priviamo di certi cibi, più iniziamo a desiderare quei cibi. Questa è una delle spiegazioni del fallimento delle diete. Come possiamo pensare di mangiare meglio se continamente sognamo patatine fritte e torte alla crema!
Questo espone al fallimento e alla rinuncia a riprendere la dieta per paura di sperimentare nuovamente il fallimento. Qui è la paura che impedisce l’apprendimento di buone abitudini alimentari, la paura di non farcela.
Quando siamo a dieta spesso dobbiamo mangiare le quantità stabilite e agli orari stabiliti, in questi casi si viene distolti dall’ascoltare i messaggi del nostro corpo e del nostro cervello, che vengono giudicati come sbagliati perchè il messaggio giusto è quello veicolato dal regime alimentare imposto. Si determina una perdita di consapevolezza di sè, e una presa di distaza dalle proprie sensazioni fisiologiche giudicate come sbagliate. Qui si determina una possibile rottura nella capacità di ascoltarsi. Mangiare non è più associato a sensazioni piacevoli ma anzi ad esperienze negative per le privazioni e la perdita di piacere che vengono imposti dalla dieta.
LA CONSAPEVOLEZZA ALIMENTARE
La consapevolezza delle proprie abitutini alimentari può fare la differenza nel cambiare lo stile alimentare. Avere uno stile di vita salutare non significa rivoluzionare completamente la vita delle persone, piuttosto è utile fare dei piccoli cambiamenti che si stabilizzano e diventano duraturi nel tempo.
Consapevolezza significa anche capire perchè mangiamo, perchè abbiamo fame oppure sotto una spinta emotiva. Quando pensiamo al cibo diamo per scontato che sia un atto volontario e quindi consapevole, ma non è proprio così. Le nostre abitudini alimentari sono influenzate dalle emozioni.
Abbiamo i mangiatori emotivi, che spesso riconoscono questa loro caratteristica, che mangiano per distrarsi dall’emozione che provano, quando si trovano davanti ad una situazione difficile che non riescono a risolvere mangiano, così si distolgono dal problema e dalle preoccupazioni. Provano a controllare ciò che mangiano e spesso non ci riescono, così si demoralizzano e arrivano alla conclusione che non riusciranno mai a perdere peso.
Ci sono poi i mangiatori emotivi che non sanno di esserlo e che quindi non capiscono perchè non riescono a perdere peso, pensano di avere un problema ormonale, un metabolismo lento. Per cui arrivano alla conclusione che una pillola, un farmaco magicamente risolverà i loro problemi. Alla mancanza di consapevolezza si associa l’idea magica che qualcosa dall’esterno (pillola) risolverà la situazione (atteggiamento deresponsabilizzante).
Capiamo, quindi, che possiamo ingurgitare centinaia di calorie senza rendercene conto! Quando poi saliamo sulla bilancia scopriamo la tremenda sorpresa, e allora per correre ai ripari iniziamo a fare attità fisica forsennata e ci imponiamo diete restrittive. Ci poniamo obiettivi troppo difficili, questo ci stanca subito e ci fa perdere la motivazione.
E’ fondamentale rendersi conto di mangiare in eccesso e delle ragioni per cui siamo portati a farlo.
La fame emotiva spinge a mangiare determinati alimenti i cosiddetti comfort foods. Mentre la fame fisica si placa con qualsiasi cibo, la fame emotiva chiama solo determinati cibi, in genere ricchi di grasso e zuccheri.
La fame emotiva spinge a mangiare in modo incosapevole, senza rendervene conto fate fuori un intero pacco di biscotti. Il cibo non viene gustato ma buttato dentro senza pensarci.
La fame emotiva continua continua anche dopo aver mangiato a sazietà, lo stomaco è pieno ma la testa dice ancora.
La fame emotiva si sente nella testa.
Soddisfare la fame emotiva ci fa sentire in colpa, e spesso ce ne vergognamo.
Se siete mangiatori emotivi, e mangiate sotto lo stimolo di emozioni come rabbia, ansia, solitudine, rabbia presto sarete in sovrappeso. Se siete diabetici e mangiate sotto la spinta di emozioni potete peggiorare il vostro stato di salute, lo stesso può accadere nel caso in cui siate obesi, celiaci, ipertesi. Per riuscire a seguire un regime alimentare sano è importante capire quali sono gli stati emotivi che attivano il processo della fame per imparare a gestire le emozioni e riuscire a mettere in atto un piano di fronteggiamento.
Il lavoro psicologico può aiutare le persone a sviluppare le abilità per riconoscere i propri bisogni alimentari, potenziare l’autocontrollo e nella capacità di trovare risposte utili per la gestione delle emozioni che non riguardino il cibo.