Qualche giorno fa ho partecipato all’inaugurazione della sede Jonas di Verona, un’associazione fondata da Massimo Recalcati, psicoanalista e filosofo. Durante questo evento, si è parlato delle nuove patologie del mondo attuale, come le anoressie bulimie dipendenze attacchi di panico. L’aspetto che ho trovato interessante è che, Recalcati, mette all’origine di queste sofferenze l’incapacità di desiderare. Viviamo in un tempo estremamente consumistico, dove il consumo non è in risposta a un bisogno o a un desiderio ma è semplicemente consumo che in definitiva consuma le persone.
Il lavoro della terapia, che si oppone al culto del consumare a tutti i costi, della prestazione efficiente, diventa un momento e uno spazio per riportare la persona a riprendere contatto con i propri desideri e con le proprie mancanze.
Si lavora sul fallimento, sulle vite non riuscite, sulle esistenze infelici. Perché solo dal fallimento può nascere la trasformazione. Dal fallimento nasce la verità su noi stessi che apre ai nostri progetti, che orienta le nostre azioni, che ci fa soffermare su alcune cose, che ci spinge a cercarne altre.
La terapia può accogliere la sconfitta, il dubbio, il ripensamento, la paura, l’assenza, il vuoto e da tutto questo ripartire, verso una vita più autentica.
Si può fare questo lavorando insieme su cosa significhi quel sintomo per la persona (anoressico, depressivo, ansioso, bulimico) per capire quale mancanza stia colmando, e quindi a quale desiderio non soddisfatto cerca di rispondere. Dal sintomo al desiderio nascosto. Restituendo la capacità di pensare ai propri desideri, oggi, si restituisce la salute e il piacere.
Le persone si sentono estremamente libere di consumare, di correre verso le molteplici possibilità di questa vita, una vita e un mondo senza limiti né confini. Oggi l’imperativo è il piacere, il godimento a tutti i costi. Questo godere, sembra essere più un aspetto consumistico, materiale piuttosto che spirituale e interiore e personale. Ci sentiamo tutti liberi e senza vincoli, animati dalla ricerca del piacere.
Vi chiedo, allora, perché le persone soffrono terribilmente? Perchè si ammalano anche gravemente? Se davvero quello che ci vendono è il piacere, perché siamo costantemente insoddisfatti?
Per Recalcati la risposta è che questa corsa al godimento non è accompagnata dal desiderio. Il desiderio, cos’è? La parola desiderare deriva dal latino “sidera” che significa accorgersi che nel nostro cuore c’è di più di quello che le stelle ci stanno mostrando ora.
Desiderare significa guardare oltre quello che abbiamo di concreto, per renderci conto di cosa manchi nel nostro cuore, dalla mancanza nasce la capacità di cercare quel qualcosa che possa colmare questo vuoto. Esprimere un desiderio vuol dire cercare quel qualcosa che ci manca.
Imparare a desiderare significa imparare a guardare dentro noi stessi, a cogliere con coraggio le nostre mancanze e da queste capire in che modo, che è sempre un modo creativo, raggiungere ciò che desideriamo. Oggi siamo disabituati al desiderio, ci vengono venduti modelli, oggetti di desiderio al solo scopo consumistico; è facile e comodo perché implica non fare i conti con le nostre mancanze, con i nostri vuoti.
Il desiderio è una terra ignota, è uno strano sentire fatto di gioia e dolore, è un ponte tra ciò che vorremmo e ciò che è, è voglia di appagamento e anche sensazione di mancanza. Oggi non ci prendiamo più il tempo per desiderare, andiamo avanti prendendo i desideri che ci vendono, non rendendoci conto di quanta sofferenza questo ci provoca.
Il desiderio ci mette in relazione con le nostre mancanze profonde, per desiderare qualcosa dobbiamo mancare di qualcosa; ma è anche un modo per incontrare l’altro, quando desideriamo qualcosa questo ci porta sempre ad avvicinarci agli altri.Oggi sembriamo piuttosto chiusi nel nostro piacere individuale, capaci di autosoddisfarci, di affermare il mito dell’autonomia e dell’autosufficienza rifiutiamo un vero e intimo incontro con l’altro. Rinegoziare tutto questo non è facile ma è possibile, significa riprendere le redini del nostro piacere, del nostro desiderio autentico e riprendere a muoverci per soddisfare le nostre fantasie.
“Il desiderio fa fiorire ogni cosa; il possesso rende tutto logoro e sbiadito”.
(Marcel Proust)